mercoledì 18 marzo 2009

Il mantello

É una sera di freddo e di vento. La campagna, sferzata dalle gelide folate di pioggia, risuona di gemiti e furore.
I cespugli e le siepi si flettono al vento come ad inchinarsi in una disperata supplica di un po' di pace. Anche gli alberi più vecchi, pur fieri e consci della loro maestosità, sembrano tremare al cospetto della furia degli elementi.
Lungo la strada un uomo trascina le sue stanche membra verso una qualche meta lontana. Non ha nulla con cui ripararsi e la bufera, nella sua sadica e vile ostentazione di forza, sembra accanirsi contro di lui.
Sulla stessa strada un altro uomo si dirige verso casa. Viaggia tranquillo, ben protetto dall'abitacolo del suo caldo e lussuoso fuoristrada. Nulla gli importa della furia che lo circonda, giacché nulla essa può su di lui e sulla sua vita ordinata e perfetta.
I due uomini si incontrano e i loro occhi si incrociano per un istante.
É un attimo. L'uomo sul fuoristrada si ferma e piange.
Non piange per quell'uomo infreddolito che arranca nel fango.
Non piange la presunta miseria di quella figura vestita di stracci.
Piange perché quell'uomo, sotto il mantello, riparava una bimba.
Piange perché negli occhi di quel vagabondo egli ha visto la serenità.
Piange perché sa che ogni cosa che la sua agiata vita gli potrà dare non vale quel lacero, sporco, vecchio mantello pieno d'amore.

Roberto Bolis, 1995
Questo vecchio scritto è dedicato alla bimba che il 18 marzo di qualche anno fa è venuta a ripararsi sotto il mio mantello.

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