lunedì 16 marzo 2009

Il portalettere

In un mondo interconnesso in cui le informazioni viaggiano in forma digitale a velocità spaventosa ha ancora senso il vecchio postino e le buste contenenti manoscritti su carta?
Secondo qualcuno si e io sono uno di questi.

Prima che mi prendiate per matto, o peggio ipocrita visto che sto scrivendo su un media che della carta ha solo il colore dello sfondo, cercherò di spiegarmi.
Lo spunto mi viene dal libro "Luce virtuale" di William Gibson, ritrovato sul fondo di uno scatolone rimasuglio del trasloco.
William Gibson è da molti considerato il padre del cyberpunk e visionario precursore di molte delle cose che oggi diamo per scontate. Ebbene, nel libro descrive un mondo in cui le informazioni circolano in forma digitale e sono presenti in ogni dove. Ogni apparecchio, oggetto e finanche essere è connesso ad una immensa rete, onnipresente e onnipotente. In questo scenario si muovono dei giovanotti (e giovanotte) in bicicletta recanti messaggi, udite udite, scritti a mano su pezzi di carta.

Perché?

Se ci pensate un momento è ovvio: in un mondo in cui ogni oggetto, quindi anche ciò che usate per scrivere, è connesso alla rete come potreste inviare un messaggio a qualcuno essendo certi che nessuno tranne voi e lui lo possa leggere?
Lo so che è sconcertante, ma la risposta è scriverlo a mano con un lapis su di un foglio di carta (tenuto in mano e non appoggiato sul tavolo multimediale del soggiorno), chiuderlo in una busta e affidarlo a qualcuno affinché lo porti al vostro corrispondente.

Semplice vero?

Sarà che, come ho già scritto in passato, ho il firmware obsoleto ma ogni tanto mi piace essere un lotek.

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