In un interessante
post
sul suo blog Roberto Dadda riporta il bizzarro
consiglio di Umberto Eco agli spammati: rispondere allo spammer con una
mail contenente la Divina Commedia.
Penso che chiunque abbia un po' di conoscenza in materia o, mi verrebbe
da dire, un po' di buon senso (non me ne voglia Eco) capisca da sé che
questa strategia è perdente: lo spammer non viene intaccato dagli allegati
mentre viene favorito dal fatto di aver confermato l'esistenza di un
indirizzo magari inventato.
Non voglio dilungarmi sul concetto di spam: personalmente ritengo che non
sia nulla di nuovo (era possibile sia con la posta che con il telefono che
con il fax) ma solo il risultato di aver messo nelle mani dell'umanità un
mezzo di comunicazione che, per la prima volta, non prevede un pagamento da
parte di chi trasmette. Come dico spesso se dai corda ad un essere umano la
usa per impiccarsi.
Quello su cui vorrei riflettere è: cosa si può fare per ridurre il fenomeno
in attesa che l'educazione al corretto uso del mezzo lo faccia scemare di
suo (speranza di un inguaribile ottimista)?
Il punto è che pressoché tutte le strategie lavorano sul punto di arrivo.
I filtri antispam sfoltiscono le mail ma lasciano il dubbio dei falsi
positivi, al punto che, spesso, si dirotta lo spam in una box da controllare
periodicamente e perdendo il vantaggio del filtro.
Le black list di indirizzi ip devono essere costantemente aggiornate e sono,
per definizione, sempre un passo indietro rispetto agli spammers (banalmente
si mette in black list un ip dopo che da quell'indirizzo è stato fatto
spam).
Di fatto questi strumenti assomigliano alle protezioni hardware dei software
che andavano in voga un po' di anni fa: danno problemi a chi si comporta
lecitamente e non frenano chi è malintenzionato.
Chi, come me, gestisce l'infrastruttura ICT internamente sa quale incubo è
veder finire, per errore, uno dei propri indirizzi in una black list.
E se pensassimo ad una strategia sul punto di partenza?
Sempre nel suo
post
Roberto Dadda rilancia un'idea che anche io da tempo
sostengo ma che avevo smesso di enunciare perché ero stanco delle contumelie che
mi attirava: l'unico modo che intravedo per agire sulla fonte è di rendere
costoso l'invio dello spam. Questo non implica necessariamente rendere costoso
l'invio di una mail, ma di un milione si.
L'idea di un "francobollo" virtuale di basso valore lascerebbe inalterata
l'economicità del mezzo ma renderebbe oneroso un tentativo di contatto basato
sul concetto che se mando un messaggio ad un milione di persone e ci casca solo
l'uno percento...
Gli aspetti tecnici della cosa possono essere complicati, sia in termini di
chi e come incasserebbe l'obolo o di a chi andrebbero i proventi, ma ritengo
che potrebbero essere facilmente superati impegnando una frazione dei milioni
di euro che oggi il mondo perde a causa dello spam.
domenica 10 maggio 2009
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