domenica 10 maggio 2009

Il francobollo e lo spam

In un interessante post sul suo blog Roberto Dadda riporta il bizzarro consiglio di Umberto Eco agli spammati: rispondere allo spammer con una mail contenente la Divina Commedia.

Penso che chiunque abbia un po' di conoscenza in materia o, mi verrebbe da dire, un po' di buon senso (non me ne voglia Eco) capisca da sé che questa strategia è perdente: lo spammer non viene intaccato dagli allegati mentre viene favorito dal fatto di aver confermato l'esistenza di un indirizzo magari inventato.

Non voglio dilungarmi sul concetto di spam: personalmente ritengo che non sia nulla di nuovo (era possibile sia con la posta che con il telefono che con il fax) ma solo il risultato di aver messo nelle mani dell'umanità un mezzo di comunicazione che, per la prima volta, non prevede un pagamento da parte di chi trasmette. Come dico spesso se dai corda ad un essere umano la usa per impiccarsi.

Quello su cui vorrei riflettere è: cosa si può fare per ridurre il fenomeno in attesa che l'educazione al corretto uso del mezzo lo faccia scemare di suo (speranza di un inguaribile ottimista)?

Il punto è che pressoché tutte le strategie lavorano sul punto di arrivo. I filtri antispam sfoltiscono le mail ma lasciano il dubbio dei falsi positivi, al punto che, spesso, si dirotta lo spam in una box da controllare periodicamente e perdendo il vantaggio del filtro. Le black list di indirizzi ip devono essere costantemente aggiornate e sono, per definizione, sempre un passo indietro rispetto agli spammers (banalmente si mette in black list un ip dopo che da quell'indirizzo è stato fatto spam).
Di fatto questi strumenti assomigliano alle protezioni hardware dei software che andavano in voga un po' di anni fa: danno problemi a chi si comporta lecitamente e non frenano chi è malintenzionato.
Chi, come me, gestisce l'infrastruttura ICT internamente sa quale incubo è veder finire, per errore, uno dei propri indirizzi in una black list.

E se pensassimo ad una strategia sul punto di partenza?

Sempre nel suo post Roberto Dadda rilancia un'idea che anche io da tempo sostengo ma che avevo smesso di enunciare perché ero stanco delle contumelie che mi attirava: l'unico modo che intravedo per agire sulla fonte è di rendere costoso l'invio dello spam. Questo non implica necessariamente rendere costoso l'invio di una mail, ma di un milione si.
L'idea di un "francobollo" virtuale di basso valore lascerebbe inalterata l'economicità del mezzo ma renderebbe oneroso un tentativo di contatto basato sul concetto che se mando un messaggio ad un milione di persone e ci casca solo l'uno percento...

Gli aspetti tecnici della cosa possono essere complicati, sia in termini di chi e come incasserebbe l'obolo o di a chi andrebbero i proventi, ma ritengo che potrebbero essere facilmente superati impegnando una frazione dei milioni di euro che oggi il mondo perde a causa dello spam.

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