In Italia mai. Si parte dal presupposto che chi conosca una materia
sia latore automatico di un conflitto di interessi, reale o intellettuale
che sia.
Ne abbiamo esempio in questi giorni in cui si torna a parlare di energia
nucleare. Così come durante i mondiali di calcio siamo tutti allenatori,
durante la coppa america tutti skipper e finanche durante gli europei di
curling tutti esperti di ghiaccio e stones, così oggi sembra che ogni
italiano sia esperto di fisica nucleare, fissione, trattamento delle scorie
e tecnologie correlate.
Curiosamente sono tutti esperti tranne coloro che nel settore lavorano,
fanno ricerca o insegnano. Questi ultimi non hanno diritto ad intervenire
perché, essendo il nucleare il loro lavoro, le valutazioni che fanno non solo
sono considerate di parte (e posso anche capirlo) ma nemmeno attendibili
(e questo lo capisco meno).
Cosa ancora più bizzarra, qualora uno di questi si dichiarasse contrario
all'atomo diverrebbe immediatamente una fonte infallibile di verità.
Nei giorni seguenti all'accordo italo-francese sul nostro rientro nel
settore dell'energia nucleare civile, sui giornali che mettono a disposizione
la possibilità di commentare gli articoli si è visto e sentito di tutto.
In alcuni casi ho provato ad intervenire senza schierarmi contro o a favore
(personalmente sono favorevole) ma, più semplicemente, cercando di correggere
errori macroscopici che, peraltro, nulla avevano a che fare con nucleare
si o nucleare no. Si trattava di cose da semplice esame di fisica o talmente
ovvie da essere invalidate applicando l'aritmetica. Del resto io ho una
laurea in ingegneria elettronica e, quindi, non sono del settore.
Applicavo solo il buon senso (ne abbiamo parlato in un precedente
post),
un po' di matematica e qualche conoscenza basilare.
Sono stato coperto di contumelie al punto che ho smesso di intervenire
(non posso mettere i link agli interventi perché i giornali di cui parlo
non mettono a disposizione permalink affidabili).
Di fatto siamo al paradosso che chi sa non è attendibile e chi non sa
è la fonte migliore perché imparziale. Curiosa teoria quella secondo la
quale per essere imparziali si debba essere ignoranti.
E poi ci si stupisce della fuga di cervelli: tra i tanti motivi ampiamente
dibattuti (fondi alla ricerca, baronie universitarie, mancanza di legami
tra università e aziende) penso che anche il senso di inutilità dell'essere
esperto possa avere il suo peso.
domenica 8 marzo 2009
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